Suio è un
piccolo paese di collina, in provincia di Latina, a 150 Km a sud di Roma, ai
confini con la Campania e a 10 Km dal mare.
Antica contea,
dagli inizi del secolo scorso è stato aggregato, insieme con il suo territorio,
al comune di Castelforte, di cui ancora oggi è una frazione. A testimoniare la
sua antica nobiltà, i ruderi del castello turrito ancora dominano la
sottostante piana del Garigliano.
La
zona ha origini più remote della stessa Roma: gli Aurunci, popolazione italica
pre-romana, vi avevano edificato la loro città più importante, Vescia,
ricordata da Tito Livio nelle sue storie, distrutta dai romani dopo la vittoria
riportata sulla Lega Latina, di cui gli Aurunci, insieme con gli altri popoli
del Lazio, facevano parte. Per assicurare la vittoria al suo esercito, il
console romano Publio Decio Mure si immolò volontariamente agli dei in
sacrificio umano: è quanto avvenne nelle campagne di Suio il giorno precedente
la cruenta battaglia fratricida che vide contrapposti due eserciti, quello romano
e quello latino, fino a poco tempo prima alleati e formati alla stessa scuola
militare. La battaglia, denominata del Veseris dall’antico nome dell’attuale
piana del Garigliano, assicurò ai Romani il dominio definitivo sul “Latium
Novum”, le attuali province di Latina e Frosinone a sud di Roma.
Dell’antica
Vescia non si conosce neanche il sito esatto. Ma tre iscrizioni di epoca
imperiale ne ricordano l’esistenza. La prima
menziona un “Pagus Vescinus”, che
con un impegno finanziario volle dotarsi di un teatro; la seconda celebra
Settimio Severo che “sua pecunia” lastricò la strada che da Minturnae, città
sulla costa e sulla via Appia, conduceva ad “Aquas Vescinas”; la terza è un
ex voto posto da due “servi dispensatores” al “Genio Aquarum Vescinarum”
perchè fosse garantita la salute, la vittoria ed il ritorno di Antonino (=Caracalla)
e Geta, suo fratello, figli di Settimio Severo, impegnati, nel 211-212 d.C., in
una impresa bellica in Britannia. Torneranno entrambi, il primo per essere
ricordato dalla Storia, il secondo, invece, per vedere il suo nome cancellato
perchè colpito addirittura dalla “damnatio memoriae”, dopo essere incorso
nella dura legge della giustizia romana, perchè accusato di aver cospirato
contro il fratello imperatore.
Aquae Vescinae:
sono le sorgenti di acqua termale solfurea di cui Suio è ricca. Per i romani
erano miracolose, al punto che, come abbiamo visto, persino l’imperatore si
era interessato ad esse. E’ ancora visibile qualche rudere delle antiche terme
imperiali , opera di alta ingegneria per l’epoca, sul cui modello fu poi
costruito il complesso gemello di Bath, in Inghilterra, ancora esistente. Di
Suio, invece, esiste solo la descrizione degli scavi di inizio secolo, perchè
l’ultimo conflitto mondiale, nella sua furia devastatrice, ha travolto tutto
quanto era tornato alla luce.
Anche Lucano ammira la bellezza della zona e, nella Pharsalia,
poeticamente canta “Umbrosae Liris per regna Maricae Vescinis impulsus Aquis",
il Liri (=Garigliano) è sospinto dalle Acque Vescine attraverso i regni
verdeggianti di Marica (ninfa a cui i boschi della zona erano sacri).
Plotino, poi, pensava a Suio
quando ideava la sua “Platonopoli”.
Tramontato
l’impero romano, la benedettina abbazia di Montecassino, nell’immediato
retroterra, estese i suoi possedimenti fino a Suio e fece delle Acque Vescine un
santuario per la cura del corpo e dell’anima.
Forse a Suio
erano ubicate "chelle terre per chilli fini che li contene" a cui un
contadino faceva riferimento allorchè, chiamato come testimone in un giudizio
per l'attribuzione di una proprietà, nel suo dialetto (e non in latino - lingua
ufficiale - evidentemente a lui sconosciuta) rese una deposizione, fedelmente
trascritta: è il primo documento in volgare, la Postilla Amantina, l'inizio
della nuova lingua italiana. Ma se "chelle terre" non erano proprio a
Suio, sicuramente erano nelle vicinanze, perchè il Monastero di Montecassino
che quelle proprietà "trenta anni li possette" estendeva il suo
dominio su tutta una zona che, nei punti estremi, non dista più di 50 km da
Suio.
Ai tempi di Federico II era di Suio un consigliere imperiale, tale
“Tommaso da Suio”, contemporaneo dei più noti Taddeo da Sessa
(città campana a 20 km da Suio) e Pier delle Vigne. Siamo ai tempi delle
crociate e dei Templari. E proprio a quest'Ordine appartiene la croce scolpita
in rilievo su una pietra posta all’inizio della scalinata di accesso
all'antico tempio di S. Maria in Pensulis, chiesa ai piedi di Suio.
La chiesa,
ridotta oggi ad una masseria in evidente degrado ed abbandono, era una bella
costruzione “in pensulis”, pensile, cioè in alto rispetto al piano di
campagna. Edificata a lato della menzionata strada di Settimio Severo, ancora
oggi esistente anche se non più lastricata, sorgeva su edifici preesistenti,
come testimonia la sovrapposizione di stili, particolarmente evidente sul lato
posteriore, dove si nota un’opera poligonale, sicuramente resto di una villa
imperiale. Nelle campagne circostanti, a conferma delle origini romane, sono
stati rinvenuti sarcofagi strigilati del I-II secolo d.C. La chiesa era a tre
navate, senza abside e transetto, con copertura a capanna, ed era ornata da un
bel rosone che ancora oggi campeggia sul portale della navata centrale. Al di
sotto della chiesa, a livello del piano di campagna, vi sono corridoi con volta a botte, che dovevano essere o re i
magazzini per i prodotti agricoli o stalle
per gli animali. Una grossa macina in pietra, rinvenuta a poca distanza dalla
chiesa, testimonia l’esistenza di un mulino.
E, come già
detto, una croce templare in rilievo è scolpita su una pietra dalla forma a
semicerchio, quasi una lunetta, oggi posta all’inizio della gradinata di
accesso alla chiesa.
Che
interpretazione dare? Non ci sono elementi storici per asserire la sicura
presenza di templari a Suio, ma l’ipotesi non è da scartare del tutto.
Vediamo perchè.
1 - Il Garigliano
rappresentava una via d’acqua
importante per arrivare dal mar Tirreno all’entroterra cassinate, dove sorgeva
l’abbazia di S. Benedetto. E’ documentato che questa via sia stata seguita
anche da pirati saraceni che fino al X secolo imperversavano nella zona, al
punto che, per assicurare il possesso della regione alla cristianità fu
necessario approntare un esercito e sconfiggere i saraceni nella battaglia del
Garigliano del 910 d.C. Dopo quella battaglia, la zona fu dotata di sistemi di
difesa, quali torri e castelli. Costituitosi l’Ordine dei Templari, questi
avrebbero potuto avere l’incarico di presidiare e difendere uno dei centri più
importanti del cristianesimo.
2 - I papi
avevano la loro residenza ad Anagni, non distante da Montecassino. La loro
difesa era affidata ai Cavalieri del Tempio. Templari, quindi, erano presenti
nella zona e potevano essere presenti anche nella terra di S. Benedetto. I
Cavalieri del Tempio erano ad Anagni anche quando il Nogaret si rese autore del
famoso “schiaffo”. Lo stesso Nogaret sarà il più spietato accusatore
dell’Ordine, evidentemente convinto che la milizia templare poteva
rappresentare un’insidia per la corona di Francia, in quanto era ubbidiente al
papa e del tutto indipendente dal re di Francia, al punto da resistere al
disegno di questi di affidare al proprio fratello la Gran Maestria. Sbarazzarsi
dei Templari con le accuse più infamanti significava stroncare la minaccia di
un possibile fronte interno sul suolo francese ed indebolire ulteriormente il
papato nei confronti della corona. Al papa, senza più un esercito, non rimaneva
altro che la sola forza morale di cui il Nogaret, già scomunicato per
l’oltraggio di Anagni, non si curava. Ma la stessa forza morale non sarebbe
stata più tanto incisiva se tutta l’organizzazione ecclesiale e clericale
veniva di riflesso discreditata dalle gravi infamie di cui i Templari erano
accusati.
3 - Federico II
fu spinto, pena la scomunica, ad indire la crociata. Ma sappiamo quanto egli
temporeggiasse, perchè non convinto della bontà dell’impresa (in Sicilia non
erano forse suoi sudditi fedeli proprio quei “mori” che si intendeva andare
a combattere in Terra Santa?) In questo temporeggiare è possibile immaginare
che, per dimostrare le sue buone intenzioni, abbia iniziato a destinare al
Tempio beni che potessero procurare i mezzi necessari per una guerra. In questa
sua elargizione, magari su suggerimento proprio di Taddeo e Tommaso, suoi
consiglieri originari entrambi della zona, avrebbe potuto ben inserire tra i
beni destinati al Tempio anche possedimenti di Suio, la cui ricchezza agricola
è ancora oggi riconosciuta.
Sono delle
ipotesi di fanta-storia: magari
nessun documento verrà mai alla luce per indicare la presenza templare a S.
Maria in Pensulis.
Rimane un fatto:
in un pomeriggio di un giorno di ferie, quando il caldo ti spinge dal mare verso
la campagna alla ricerca di un po' di frescura tra gli alberi abbondanti di
invitanti frutti della bella stagione, scoprire per caso un simbolo della nostra
tradizione è un’emozione intensa. Nonostante la melodia delle cicale,
l’allegro scorrere di un vicino ruscello e i profumi della campagna, ritornare
ai libri a trovare lumi e conferme è una gioia immensa. Non sta forse scritto
che ritrovare la dracma smarrita dà la stessa felicità che si prova nel Regno
dei Cieli?
|